vivere la dimensione luce-forma, e il suo dialettico opposto, vuoto-scuro è l’insegnamento della scultura. Lo scultore demiurgo, Alberto Inglesi è uno dei rari esempi; è scultore che domina la materia, scultore demiurgo nel nome del precetto appena richiamato. Nel coraggio ogni giorno ingaggia la sfida della creazione. Non la teme, fa parte della sua esigenza di esprimersi, e più è difficile più lo esalta. Il Segno, il simbolo, il gesto, il rapporto scenico tra personaggio e ambientazione. Policromaticità, polimatericità, larghi piani, sensuali carnali e luminosi, talvolta in marmo, compressi, racchiusi in rigide forme, volumi, geometriche, quasi sempre più scuri e in bronzo. Ampie figure lignee o bronzee dipinte o con distinte morsure. Mai perdere di vista il coraggio della pulizia, dell’eleganza, dell’essenzialità poetica della grande scultura, come del segno largo, del gesto largo aperto che dialetticamente pone in contatto diretto energia interna delle figure e spazio architettonico esterno
Donne in cammino è ciclo d’importanti mostre itineranti e diffuse che impegna, in un canto corale, più luoghi urbani di un’intera città. La prima si è svolta recentemente a Siena dove le opere hanno abitato, vissuto, i più preziosi e frequentati, i più cari spazi cittadini e Palazzi con 52 sculture. Ora a Grosseto, e a breve Inglesi ripeterà il miracolo a Montalcino e in altri luoghi.
A Grosseto quindi, un evento significativo che pone arte e cittadino in un dialogo diretto, faccia a faccia, nella vita del quotidiano. Arte e quotidiano è un binomio che possiamo ritrovare solo nelle epoche premoderne. Nessuna TV, nessun cinema, il creato artistico diventa personaggio teatrale delle scene della nostra vita e ci parla direttamente, esprime insegnamenti e pone moniti, nessun filtro della tele-era mediale.
Questo dunque l’artista, questa la precisa scelta espositiva.
Un artista, l’artista demiurgo ispirato dalle stesse muse che animano lo spirito olistico dello Scultore Tardo-Gotico o Rinascimentale e al tempo stesso dall’animo dell’artista maledetto, severo con se stesso e col mondo, di fine otto inizio novecento: Modigliani. Per lui non esiste distinguo tra esterno e interno, spazio urbano, fuga, scorcio architettonico e luoghi dell’anima. Solare gioia ed emozione o umbratile dispiacere e dolore. Nessuna dimensione umana è esclusa. Scolpire la Pietà equivale a realizzare succedendo a Raffaello - San Pietro o affrescare la Cappella Sistina. Perdersi in un corpo di nudo femminile, di cariatide o tuffarsi negli occhi senza iride, addirittura cornea o senza sfondo, del volto di una donna. Di Modigliani Osvaldo Licini in uno scritto del 1917 che lo frequentava quotidianamente a Parigi: ”… entrava in una zona meravigliosa dove tutto era poesia assoluta, estasi, delirio. Solo con i suoi fantasmi e con se stesso entrava in uno stato di grazia e di felicità …..Egli ha dimostrato con la sua opera che, concentrando tutto sull’uomo, sull’espressione dell’uomo, del sentimento umano, e facendone il centro del mondo si poteva creare una grandissima arte di portata eterna ed universale”.
Picasso col gesso (1910) scrisse sulla porta di casa di Modigliani: “Qui è il luogo d’incontro dei poeti” . Non è un segreto che i migliori amici e sostenitori di Modigliani, perfino i suoi mercanti, furono poeti, e qualche musicista.
Sostengo da tempo che Alberto Inglesi – figlio d’arte del suo riconosciuto e amato Maestro Plinio Tammaro - è come Tammaro un modiglianista, un rappresentante del modiglianesimo.
Ovvero un raro artista che ha colto la lezione di Modigliani. Modigliani pur conoscendo ogni linguaggio artistico dell’inizio del novecento, ovvero ogni linguaggio artistico contemporaneo, non ne ha abbracciato uno, ma ha sviluppato un linguaggio più eterno e universale – originale che nasce e si sviluppa in lui, da componenti fondamentali e paritetiche: l’amore per i classici e la natura mediterranea del suo sguardo, l’amore per la poesia che determina sospensione e metafisica riflessione, l’amore per l’africanismo e il giapponismo che infonde sguardi innovativi su l’uomo. Tutti elementi universali ed eterni che si mescolano nel concepire un superamento dell’Accademia per forgiare con totale dedizione e inquietudine sperimentale un’arte nuova.
La scultura di Inglesi ha gli stessi elementi, in Ermafrodita, in Mutazione, i temi della fluidità dell’essere nella classicità come nella modernità, nella continuità ontologica, vuoi che Inglesi la sviluppi verticalmente o in movimento orizzontale o ancora in vortice ascensionale. Le sue sculture narrano di un mondo in continuo divenire carico di segni, simboli, forme classiche come i temi, eppure straordinariamente contemporanei e innovativi, in cui la creazione artistica sviluppa linee e volumi sinestetici, e sinergici con la storia, il messaggio, il simbolo dell’opera.
Si guarda con l’udito generato dalle forme in movimento, si ascolta con il profumo dell’atmosfera disperso negli spazi che relazionano le figure, la loro narrazione e gli elementi scenico-architettonici o paesaggistici (Ritorno dai campi) alcuni anche se solo accennati sul basamento.
L’osservatore cerca, indaga, segue indizi, scova volti (Mutazione) solo accennati o si lascia attrarre dai tratti forti di volti femminili che mostrano forza e mascolinità: labbra carnose nasi possenti, come i colli a ricordare afro nei tratti e nelle masse sferiche gonfie e ricce. La scultura vive della relazione tra sé e lo spazio esterno o tra sé e gli spazi interni, che il fruitore ricompone e reinventa per le duplicità e molteplicità dei possibili percorsi interpretativi. Mai totale chiarezza ma fascinoso mistero, mai singolarità, ma totale molteplicità fatta di un linguaggio naturalistico, il gusto del mistero che è sempre stato il tratto caratteristico del Gotico e del Rinascimento. Le porzioni di figura o dei particolari sui totali che hanno il sapore della sezione aurea, dei punti di vista prospettici, dei canoni armonici architettonici ad ispirare soggetti e insiemi. Inglesi imposta le strutture scultoree secondo linee portanti, nuclei espressivi nella dicotomia dialettica tra particolare e totale, senza mai perdere di vista l’occhio del fruitore, dello spettatore di un complesso scultoreoteatrale.
All’amico Ghiglia scrive: “Cerco di formulare con la maggiore lucidità, le verità sull’arte e sulla vita che ho raccolto nelle bellezze di Roma e come me ne è balenato anche il collegamento intimo, cercherò di rivelarlo e di ricomporne la costruzione e quasi direi l’architettura metafisica, per crearne la mia verità, sulla vita, sulla bellezza e sull’arte “.
Modigliani animò con la sua poesia e l’essenza del suo vivere teatrale, il gesto comportamentale come linguaggio di vita, con il suo gesto alimentava il suo mito e quello dei suoi amici nella Ville Lumiere. Nelle descrizioni giunte a noi si legge che Modigliani è sempre accompagnato dai libri, ne ha nel suo studio o sottobraccio o che fanno capolino dalla tasca quando gira fra gli alberi di boulevard Montparnasse o Montmartre. Ma è soprattutto nella vita notturna che il suo gesto e il suo tratto pittorico unico per rapidità e freschezza accendeva la vita degli amici nei Café e Bistrot parigini. Un salto su un tavolo per declamare un verso poetico, un abbraccio con un amico, un tratto veloce per segnare un volume sul foglio. Modigliani è scultore perché gioca con lo spazio e il gesto, lo fa nella conduzione estrema della vita , nel segno pittorico.
Anche Inglesi conserva tutti i tratti di cui parliamo e uno fra tutti l’architettura metafisica del gesto – Largo gesto il titolo che è più presente nelle sue opere, attesa, presagio – senza privarlo della dinamica e del movimento, anzi esaltandolo come sforzo assoluto della tensione umana alla verità. Esplicitato, vuoi come braccio teso che esce dall’arco delle spalle verso lo spazio libero o verso una parete o una finestra o una porta o nella flessione delle ginocchia, una specie di raccoglimento afro in cui la persona assorbe energia dalla madre terra per poi forse esploderla nell’attimo successivo in un salto. Oppure come una tensione implicita perché interna ad una forma, in essa trattenuta come evidente denuncia di privazione della libertà, della libertà del gesto equiparato all’espressività, alla vita. In questo caso il gesto si coglie solo come deformazione della superficie che rappresenta il confine del volume di prigionia, ed è implicito scoppio dinamico trattenuto e violato – privato dell’atto nello spazio, seme in potenza di quanto non può essere.
Un ossimoro poetico-plastico in cui gesti forti vivono di accelerazioni forti, di grida e denunce di dignità violate.
Lo spazio urbano, la quinta teatrale, la ripetizione di elementi uguali verticali e il ritmo musicale il tempo sono dentro la forma, custodito segreto del divenire, di cui la materia delle sculture di Inglesi, marmo, bronzo legno o loro infinite combinazioni matericocromatiche sono testimonianza vibrante. Lo scultore Giambologna o Bernini hanno assunto anche per Inglesi, nel gesto nel movimento della figura, esempio, cuore e spirito cooperante.
Questa la lezione di Inglesi: vivere la scultura nello spazio urbano dove le vie e le piazze sono teatro delle vite umane, scene e quinte dell’esistenza. Ecco la sua verità, il valore di una nuova MOSTRA itinerante che diviene EVENTO URBANO, evento cittadino. Del resto l’uomo contemporaneo è prima di tutto cittadino delle proprie città, si identifica puntualmente e per lunghi periodi con le città stesse e il suo respirare il suo divenire.
La città è elemento pulsante del suo stesso vivere e respirare, il suo cuore pulsa al ritmo della vita cittadina.
La produzione artistica d’Inglesi Filosofo antico alla ricerca dell’Arché, del Principio da dove tutto si genera, Inglesi indica la luce e conosce l’equivalenza einsteiniana che la luce (energia) è materia , le forme architettoniche, i movimenti i traffici, gli odori, gli amori, le tragedie, le violazioni e le discriminazioni, le luci, le penombre e le ombre nell’invito di cogliere una inscindibile correlazione, un legame fatale fra donna (uomo) e città.
Le sculture sono disposte lungo un itinerario concertato tra Assessori e funzionari del Comune e l’Artista per dare un filo logico fosse di partecipazione urbana delle sculture donne e uomini, cittadini che camminano che sono protagonisti del presente e della condizione del futuro. Gioie, terrori, paure, che si diffondono viralmente a chi le osserva e semplicemente passandoci accanto ne trasporta con sé molecole. Emozioni, grida denunce, come profumi che attirano sconvolgono e ci portiamo appresso, per vivere il gesto nella simbiosi urbana, nell’ empatia dei cuori cittadini, nella compagnia di momenti condivisi con i nostri e con gli altri. Forme accolte dal sistema fisico visivo per elaborarlo al livello cognitivo, diverse per ciascuno che le interpreta ma unite dalla sostanza umana, dal ritmo cardiaco dei quartieri, delle piazze e delle vie.
L’itinerario distribuito nel centro della Città di Grosseto. Come a Siena le sculture di Inglesi si fondono nel panorama urbano come se ci fossero sempre state, ricordo l’Arcangelo che fu messo in piazza Duomo a Siena che con le sue ali colorate in vetro, omaggio all’ultima invenzione del Maestro Plinio Tammaro ancora in vita (periodo 2005-2007), come magicamente s’inseriva nei bianchi e marmorei archi dei grandi portali e delle guglie gotiche della facciata della Fabbrica del Duomo senese.
Alcune sculture ci aiutano nel descrivere l’arte d’Inglesi.
Annunciazione un bronzo dalle grandi dimensioni (190x60x130 cm) un tema classico in cui femminilità, spiritualità e animismo si fondono in un soggetto che nella orizzontalità perde i simboli della trascendenza. La tecnica è funzionale al linguaggio artistico e subito apprezziamo l’innovazione totale di trattare in chiave contemporanea un materiale nobile e antichissimo come il bronzo. Non usa Inglesi la tecnica antica quanto l’uomo della fusione a cera persa, ma la composizione dell’immagine con lastre di bronzo saldate. Il trattamento finale che determina la cromaticità del soggetto torna ad essere nel solco della tradizione con la morsura degli acidi a caldo, usando miscele di acidi, tempi di acidificazione, e soprattutto calore a fiaccola. Nessuna altra tecnica può garantire la leggerezza delle masse dei capelli le geometrie del corpo e le pieghe degli abiti. Un risultato frutto di anni di tentativi, di ricerca tecnica di esperimenti consigli mutuati insieme al suo Maestro Tammaro con il quale la discussione degli aspetti tecnici e il controllo dei risultati è stato puntuale e continuativo per anni a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e i primi degli anni ’90. Anni sperimentali che si sono aggiunti alla sperimentazione degli anni ’70 sul polistirolo, e delle resine (anni ’70-’80). Lo studio di Tammaro a Siena, dopo le ore scolastiche dell’Istituto D’Arte Duccio di Boninsegna diventava luogo di incontro e vero laboratorio d’idee, progettualità confronto e crescita artistica. Alberto Inglesi era uno dei più assidui e fedeli allievi, insieme a Giuliano Vanni, Piergiorgio Balocchi, Massimo Lippi, Maurizio Masini, Rino Conforti ed altri. Un vero crogiuolo di innovazione artistica.
Scultura come dominio della materia nella sperimentazione funzionale al linguaggio artistico è un concetto nato e sviluppato lì. Inglesi è uno dei pochi artisti al mondo a padroneggiare la tecnica della realizzazione di sculture con lastre di bronzo, totalmente alternativa alla tecnica della cera persa, per fasi, tempistiche e attrezzature.
Dunque la scultura è la protagonista, non solo tra le arti, ma anche tra i mestieri perché costruisce il mondo.
Tocchiamo un aspetto importante del lavoro d’Inglesi. Egli inizialmente si forma dal punto di vista della capacità manuale alla bottega del padre, fine ebanista, e acquisisce un totale rigore professionale nelle tecniche dell’intarsio ligneo, del restauro. Da ragazzo prende lezioni di disegno, frequenta poi l’Istituto d’Arte dove entra in contatto con Tammaro prima docente di Ornato e Modellato e poi Preside. Come già accennato queste due componenti: tecnica e mestiere, creatività ed espressività artistiche, continuano ad oggi a vibrare nella sua opera a interagire, sorrette dalla continua ricerca che Alberto opera.
Dafne (una grande scultura polimaterica di bronzo e marmo (dimensioni 130x60x190 cm) rappresenta il desiderio di affrontare temi classici, il cui fascino come in questo caso delle metamorfosi è totale e assoluto. Si ricordi quanto detto per Ermafrodita, Mutazione. L’arte da sempre si interessa alle situazioni di passaggio che ci pongono al limen tra diverse situazioni, perché l’arte stessa è contaminazione tra elementi, identità e cose diverse. L’amore per i classici, nella produzione artistica di Inglesi, si contamina con la consapevolezza di dover fare comunque Avanguardia alla continua ricerca della propria arte, nello spirito dell’innovazione culturale. In Dafne è forte un’altra componente dello stile artistico di Inglesi: il desiderio cromatico che diviene esigenza polimaterica. È raro che uno scultore abbia un forte senso cromatico, e anche questo insegnamento artistico è mutuato dalla stessa componente che vive nella scultura di Plinio Tammaro, quella vena artistica che ha origine già nella scultura senese del rinascimento, si pensi alle madonne lignee dipinte di Jacopo della Quercia. La scuola artistica di Tammaro ha sviluppato una identità artistica uno stile che è modello culturale, mai “maniera” attraverso il quale Inglesi lavora ed opera.
Lo studio di Plinio Tammaro era, come detto un laboratorio d’arte e d’amicizie, in cui Alberto ha stretto legami di relazioni artistiche e umane in un gruppo di allievi, più o meno coetanei, che facevano dell’arte la principale motivazione di vita, con passione, rigore, dedizione. La vita coincide con la scultura, Carrara e Massa per il marmo, la totalizzante pulsione e tensione, forza che vive degli ardori di Michelangelo, di Bernini, di Modigliani. Pistoia e San Polo (FI) per la fonderia e la sperimentazione, dove Inglesi trova i linguaggi del Giambologna, del Canova e alterna la fusione a cera persa con l’innovazione delle lastre di bronzo e la loro saldatura, fino a renderla tecnica da poter realizzare da solo nello studio.
L’artista è maledetto, puro e assoluto, spesso scomodo. Sincero, non deve mitigare la forza del suo coraggio, per il quale è pronto a morire, la forza del suo messaggio. Mediarlo con l’odiata astuzia della diplomazia significa il tradimento, tradire se stesso e la purezza che l’artista gelosamente custodisce, perché luce guida nel suo operare. Accusa e rivendicazione devono arrivare forti e totali per come sono vissute, percepite e trasmesse.
Situazione di donna, una figura di donna in bronzo al vero (190x120x180 cm) che esprime il momento tutto e solo femminile del dono, del dono all’amore e poi alla fecondità materna; Largo Gesto una scultura polimaterica acciaio, bronzo e marmo dipinto in cui il gesto di totale apertura si contrappone ad una forza totale di chiusura, anch’essa gesto di chiara opposizione al primo e insieme a questo rappresentazione plastica della contraddittorietà, della dialettica continua che rappresentano, due in una, queste spinte nella vita di una donna e quindi di ogni essere umano (la donna è totalità di genere e di natura come in Modigliani). Darsi o chiudersi? Dolcezza o durezza, aggressività e remissività?
A chiudere questo trittico Attesa (150x150x 200 cm) altra importante opera polimaterica e policromatica in marmo, bronzo e acciaio che è costituita sì da tre identità ma coglie nella sua completezza comportamentale una terza ed ultima fase dell’esistenza, l’attesa appunto. Ecco che prese insieme rivelano la teatralità una con la sedia – oggetto scenico per eccellenza - la seconda una panca e la terza con una parete con finestra che realizza una vera quinta di scena. In questo contesto l’artista ha identità e ruolo gramsciano, di rappresentazione come insegnamento. E’ guida spirituale, sociale, risveglio di coscienza e ahimé d’inquietudini pasoliniane, fortiniane, sintesi simboliche ungarettiane.
Troviamo poi nel nostro cammino Annunciazione 80x55x65cm un bronzo che una volta ancora fonde il quotidiano con un momento mitico e magico, quello della co-
municazione di una notizia di una nuova vita, o di una nuova fase della vita L’artista vive d’impegno sociale e di sensibilità libera e indipendente. Libertà e indipendenza da tutti, e da tutto, lo eleggono a custode di purezza della vera umanità, a soggetto adatto e capace di anteporre a tutto il puro interesse comune per la cultura e per il benessere sociale, per l’affermazione dell’uomo e della donna. Solo così riesce a cogliere le energie del mondo, quelle energie che vagano nell’aria per comunicarci le notizie di quanto sarà.
Dietro alla scultura sempre il pensiero che l’innerva, l’anima, la muove al di là del linguaggio estetico e la rende messaggio universale, arriva al nucleo emozionale dell’uomo. Questo modello culturale, in cui Alberto si è formato, è oggi lo stesso, coerente con sé e il mondo, si trasforma in modalità realizzativa plastica di una Nuova Figurazione, capace a tratti di diventare Informale, che si origina dall’ampia corrente italiana del dopoguerra della Figurazione dell’Avanguardia del Dopoguerra.
Il senso della figura, ma la necessità dello spazio in cui il soggetto scultoreo si colloca, abita, vive e si relaziona.
Quest’innovativa figura tutt’uno con un più ampio spazio relazionale prossemico, è resa più chiara se pensiamo agli spazi teatrali, le espressività culturali che uniscono, in un fil rouge di concezioni, luci e toni, i tragici greci, Pirandello, De Filippo, Strindberg, Beckett. Lo spirito creativo di Alberto Inglesi non è mai limitato alla sola attenzione locale, il suo respiro e il suo sguardo sono internazionali: Modigliani, Brancusi, Moore, Lipchitz, Ipoustéguy, pur con animo attento alla senesità che costituisce la matrice artistica della sua scultura.
Inglesi ci offre, ancora una volta a Grosseto, l’opportunità di essere cittadini della città ideale dove ci si confronta con protagonisti scenici delle nostre esistenze.
I protagonisti delle nostre più intime pulsioni e sensazioni che segnano il nostro divenire storico-sociale.
Donne in cammino sono il progredire della nostra condizione dall’ottica femminile, quella di una componente forse più debole ma senza dubbio più interessante. La Donna ci lega e divide in socialità o in una intimità del tutto rivelatorie di noi stessi.
Lo fa con l’arte dello scultore demiurgo, con lo spirito di Modigliani che vede nella Donna il tutto e con lo spirito olistico che ingloba la poesia delle emozioni con il gusto dello spazio, del luogo urbano.
Non sarà mai troppo il ringraziamento che a lui è dovuto, per il suo coraggio di mettere a nudo quanto siamo, quanto non siamo e i nostri disagi, le nostre paure, per darci modo di riflettere.
Prendiamo coscienza perché, di fronte a noi, l’opera d’Inglesi ci spinge a godere di un linguaggio artistico che evoca nelle tematiche e nelle nobiltà dei gesti il classico ma conduce forma e luci verso un linguaggio innovativo.
Nella sua globalità una Nuova Figura, ma nei particolari capace di spingersi all’Informale, con lo spirito della Innovazione Culturale.
Inglesi ci porta al senso primo della vita, alla sua Arché, al perché ontologico, senza nascondersi dietro a maschere di apparenza.
Il suo è un richiamarci alla profondità dei valori primi, privi di demagogia.
DAVID TAMMARO