Testi Critici

L’OSCURA INDIFFERENZA

Ciò che caratterizza evidentemente queste grandi sculture di Alberto Inglesi, così

incisive, così perentorie nella loro dizione formale, risiede in una visione drammatica

dell’esistenza e dell’operare estetico. Drammatica nel senso tecnico-teatrale: di azione

scenica; e nel senso psicologico: di dolorosa concezione del vivere.

 

I personaggi che ne discendono, sono figure di una perenne condizione determinata da

una disposizione di spirito che dalle varie espressioni della vita e della storia trae

continuo motivo per una simbolizzazione di sé. Sia che escano dal mito classico, dai

capitoli della Bibbia, sia che emergano dallo specchio della propria esperienza, essi

sono sempre metafore dell’artista, del suo dolente concetto dell’esistere. Ciò che, nella

diversità delle fonti e delle situazioni, connota i risultati, é la constatazione

amara, oggi più che mai ricorrente, della incomunicabilità, della impossibilità di un

incontro, della mancanza di solidarietà e comprensione tra gli uomini.

 

Cio sembra significare la figura femminile che nella scultura “Dopo le nove” si

affaccia stupita a scoprire |’irrecuperabilità di un rapporto ormai tramontato; o del

disguido di attenzione che nelle “Nozze di Cadmo e Armonia” tradisce l’estraneità di

persone un tempo vincolate da un legame che pareva indissolubile. Persino l’incontro

tra il Divino e l'umano, consacrato dal racconto evangelico, soccombe a una scon-

volgente interpretazione. La nozione tradizionale si rovescia, la storia ufficiale non

resiste alla carica del pessimismo moderno.Infine la donna si fa “figura” emblematica

di una inconsolabile, tacita disperazione;situata com’é tra distacco e abbandono,

remota nel suo chiuso dramma ce insieme arresa, nuda e paludata nel suo carico di

metallo greve e prezioso (‘*Situazione di donna”). Un tempo-luogo drammatico ac-

coglie e isola le singole situazioni visive. E i personaggi vivono intensamente, volenti o

nolenti, la loro parte di dimenticati, come su una scena immaginaria. Senza invoca-

zioni o declamazioni, pur nella loro misura monumentale; senza presenze estranee o

consolazione di lamenti corali, come nell’antica tragedia. II loro destino si consuma

in uno spazio aperto e appartato, dove il grido si perde solitario in un profondo,

insensibile deserto. In un compimento di dolore schivo che manda un’eco di dramma

antico, sofocleo o eschileo; epico proprio per una sostanziale rinunzia all’enfasi, alla

notizia.

 

In questo, pur nella sua indiscussa modernità, Inglesi sembra compiere come un

ritorno alle origini, nel grembo della cultura mediterranea, così tormentata e proble-

matica nella sua coscienza morale e immaginativa. Quasi a sondare il fondo dei tempi

per trovare conferma universale alle sue conclusioni; come fecero i grandi dell’Uma-nesimo che ritrovarono se stessi,e la storia di tutti infine, negli incunaboli della civiltà antica. Da tale disposizione non si poteva attendere che un dettato forte, energico, com’è anche negli autori prediletti da Inglesi e a lui congeniali (Vangi, Bodini ad esempio;o Tammaro, |’amato maestro).

A forte sentire risponde un forte comunicare: nella qualità del fare c’è riflessa la qualità del sentire e del concepire. L’opera è la traduzione estetica dell’'uomo-artista. Lo stile é ‘un modo di essere” (Pavese), è “un’aspirazione interiore che determina in modo imperioso la forma ” (Kandinsky).

Insomma è un autoritratto ideale.

 

Ora, abbiamo definito tempo forte l’operare di Inglesi. E giustamente, ci pare. Le sue sculture polimateriche emergono da materiali che esercitano contemporaneamente l'intelligenza e il braccio; in una dura,tenace manualità Nella dialettica aspra tra l'intenzione creativa dell'artista e la vocazione formate della materia, ossia la sua capacità di rispondere all'azione della mente e della mano, sta la fortuna dell’opera,

E la materia che ispira e impedisce, aiuta e saggia il valore e la qualità dell’artista.

Perciò Inglesi è homo faber, oltreché artifex.

E costruttore nel senso pieno, concreto, della parola; non semplice modellatore o fonditore. Fa tutto da sé. La materia gli resiste, chiede di essere esplorata e dominata pezzo per pezzo; intagliata, sbalzata, saldata, e infine montata secondo il suggerimento del già-fatto; quasi in assenza di un preciso disegno, guidata dall’idea che di momento in momento si definisce. Il timbro forte peraltro non soggiace a schematismi di sorta, ma appare controllato e declinato con I’intervento di materiali preziosi, piu: duttili (oro o argento) o con pause di un tono più disteso, più blando e carezzato, Con un senso evidente della varietas che contempera l’acuto con il grave, in modo che I’accento connotativo non perda in verità, ma attinga quell’armo-

nia esatta di rapporti che mette in atto la genuinità dell'‘ideare e dell'eseguire.

 

E appunto questo senso del decorum di classica memoria, questa intuizione della convenienza formale che permette di dinamizzare il moderno con gli stilemi del passato, e di armonizzare, conglobandoli sul tenore del dettato personale, echi, movenze e suggestioni di varia e nota

ascendenza. Attualizzando in tal modo quel ritmo, quella simmetria ariosa e dinamica,quell’equilibrio di tensioni che è premessa e

segno della raggiunta bellezza.

 

 Elvio Natali

 

Quasi a sondare il fondo dei tempi

per trovare conferma universale alle sue conclusioni; come fecero i grandi dell’Uma-nesimo che ritrovarono se stessi,e la storia di tutti infine, negli incunaboli della civiltà antica. Da tale disposizione non si poteva attendere che un dettato forte, energico, com’è anche negli autori prediletti da Inglesi e a lui congeniali (Vangi, Bodini ad esempio;o Tammaro, |’amato maestro).

A forte sentire risponde un forte comunicare: nella qualità del fare c’è riflessa la qualità del sentire e del concepire. L’opera è la traduzione estetica dell’'uomo-artista. Lo stile é ‘un modo di essere” (Pavese), è “un’aspirazione interiore che determina in modo imperioso la forma ” (Kandinsky).

Insomma è un autoritratto ideale.

 

Ora, abbiamo definito tempo forte l’operare di Inglesi. E giustamente, ci pare. Le sue sculture polimateriche emergono da materiali che esercitano contemporaneamente l'intelligenza e il braccio; in una dura,tenace manualità Nella dialettica aspra tra l'intenzione creativa dell'artista e la vocazione formate della materia, ossia la sua capacità di rispondere all'azione della mente e della mano, sta la fortuna dell’opera,

E la materia che ispira e impedisce, aiuta e saggia il valore e la qualità dell’artista.

Perciò Inglesi è homo faber, oltreché artifex.

E costruttore nel senso pieno, concreto, della parola; non semplice modellatore o fonditore. Fa tutto da sé. La materia gli resiste, chiede di essere esplorata e dominata pezzo per pezzo; intagliata, sbalzata, saldata, e infine montata secondo il suggerimento del già-fatto; quasi in assenza di un preciso disegno, guidata dall’idea che di momento in momento si definisce. Il timbro forte peraltro non soggiace a schematismi di sorta, ma appare controllato e declinato con I’intervento di materiali preziosi, piu: duttili (oro o argento) o con pause di un tono più disteso, più blando e carezzato, Con un senso evidente della varietas che contempera l’acuto con il grave, in modo che I’accento connotativo non perda in verità, ma attinga quell’armo-

nia esatta di rapporti che mette in atto la genuinità dell'‘ideare e dell'eseguire.

 

E appunto questo senso del decorum di classica memoria, questa intuizione della convenienza formale che permette di dinamizzare il moderno con gli stilemi del passato, e di armonizzare, conglobandoli sul tenore del dettato personale, echi, movenze e suggestioni di varia e nota

ascendenza. Attualizzando in tal modo quel ritmo, quella simmetria ariosa e dinamica,quell’equilibrio di tensioni che è premessa e

segno della raggiunta bellezza.

 

 Elvio Natali

 

 

 

 

RITROVATA MUSA

Alberto Inglesi espone a Siena, sua citta natale, pochi impegnativi gruppi scultorei. Si tratta di opere severe per concezione e

impianti.

 

Tendono tutte alla grande scultura, e lo dichiarano i temi di ispirazione mitologica non meno che la complessita degli organismi plastici. Ma non sono velleitari o nostalgici proponimenti accademici.

 

E altresi evidente I’attenzione ai modelli antichi, cui fanno da contrappunto soluzioni linguistiche di acquisizione novecentesca. Il grande legno Le nozze di Cadmo e Armonia ne è un esempio lampante: la memoria dei sarcofaghi etruschi, cosi struggente nel protendersi dell’eroe verso I’astata sposa, si fonde con l’oggettività della definizione visiva che rende compatta e impenetrabile la figura di Armonia, ed è un dato che appartiene alla moderna cultura di immagine.Il diffuso goticismo che anima per fitto ritmarsi di vettori lineari |’organismo plastico, accentuandosi nell’Annunciazione, trova corrispettivi dinamici nella scomposizione della forma mediante compenetrazioni e ribaltamenti di piani (eredità cubista) e nella lamellatura con cui sono realizzate molte parti dell’opera, in particolare le stoffe o altri materiali ed elementi morbidi.

 

Del resto, l’integrità della forma è ovunque compromessa dalle profonde ferite con cui Inglesi entra con decisione nella materia, quasi a volerla trapassare per attingere spazi ulteriori o anche solo per determinare scarti netti di luci e ombre.

 

E dove non bastassero le contaminazioni linguistiche a scardinare l’eventuale mito della compiutezza, evidentemente connessa alla visione classica della forma, giungereb-bero gli acuti espressivi, per non dire le intemperanze, che rendono così provocatoria, ai limiti dell’ostentazione, la posa della figura in Situazione di donna, opera di forte impatto visivo, di stile diverso da prospetto

a prospetto, stilizzata e prismatica su un fianco, plasticamente modulata sull’altro,d’un realismo icastico nella veduta frontale per l'inerpicarsi asciutto del corpo nudo, reso con una certa crudelta di notazioni nel rame battuto, una tecnica che enfatizza il senso tattile dell’epidermide. Si guardi, inoltre, a intendere l‚’approccio di Inglesi al mondo classico, il modo in cui si affronta

il tema canonico dell’ Annunciazione, ove al ricordo vago e improbabile dell'iconografia gotica, intessuta di levità e di stupore, si sostituisce la macchinosità di un impianto teatrale, e all'attesa della compunta vergine

si appalesa il precipitare sferragliante più che l'irrompere magico dell’angelo annunziatore della straordinaria novella.

 

Mille segnali denotano che lo scultore non è qui rapito nella contemplazione dell’isola ideale irraggiungibile, ma chino ad ascoltare voci dal profondo, pulsioni e moti cui dare - questo si-respiro metaforico non episodico e forma non effimera, anzi di ampia articolazione e tesa a esprimere anche

l’incalzare degli umori, il disagio esistenziale e la risposta critica alle sollecitazioni esterne d’ordine culturale.

 

Un vissuto personale anima queste opere, sviluppandosi su un tracciato che nella sua bre      attività cronologica, (appena due anni di lavoro) trova in ogni scultura una stazione, un peculiare momento epressivo.

 Nelle Nozze di Cadmo e Armonia domina

 la concentrazione sull’atto psicologico della comunicazione, che è negata pur se intimamente cercata per necessita. Tale irrealizzata tensione si traduce in un impianto a

masse bilanciate e giustapposte sulle coordinate orizzontale e verticale, fungendo la presenza statuaria della donna da irresistibile polo di attrazione per un Cadmo che faticosamente tenta di sciogliersi dall’inviluppo del talamo sepolcrale.

 

Si noti come l’ impasse rifluisca sulla forma,come ciò è la mancata soluzione dialogica tra le figure induca un’attenzione particolare alla forma plastica nelle sue piu peculiari qualità esecutive, come se l’artista intuisse

o intendesse addirittura significare che la liberazione espressiva passa attraverso l’emancipazione della forma e la proprietà del linguaggio.

 

Non sarà inopportuno, a questo punto,introdurre un dato biografico che chiarisce esaurientemente i termini della questione.

Ricorderò come quest’opera cosi “seria” e intendo dire assai pensata nell’impostazione e nei contenuti, non a caso dedicata a un eroe fondatore della città (Tebe), è la prima cui Inglesi si sia potuto applicare dopo ben nove anni di immersione purgatoriale, di condanna all’immobilita conseguente a un’intossicazione da esalazioni metalliche legate alla pratica della scultura. Inglesi ha trascorso una parte cosi importante della propria esistenza nell’attesa di una resurrezione alla vita, e segnatamente

alla scultura, animato solo dall’oscuro presentimento che il miracolo dovesse accadere, pur negato dalla scienza, per irresistibile influenza della volontà di vita. L’opera prima è dunque un risalire dalle latebre dell’immobilita, un risvegliarsi e faticosamente sciogliersi di Cadmo appunto dal talamo della morte, per fondare la nuova città prefigurata in un’Armonia che si

profila come una sirena impenetrabile quanto magnetica al desiderio, e va da se che assume, nel caso specifico, l’identità complessa della musa e dell’arte come porto di identificazione e di rivelazione della dinamica psicologica che scaturisce dalla recuperata vitalità.

 

Si spiega in tal modo quel tanto di legata perfezione formale e di programmata concettualità simbolica che rende queste Nozze

opera emblematica, quasi un banco di prova e una scommessa giocata dallo

scultore con se stesso. Si spiega, altresi, il successivo irrompere, nel recinto della scultura che assume aspetto e ruolo quasi di scenario, di una quotidianità flagrante, con il suo ventaglio di accadimenti che

producono coinvolgimenti e risposte della sfera emotiva, oltre che riflessioni anche ironiche e rapimenti poetici.

 

L’enfasi che nell’ Annunciazione si traduce Nell’accavallarsi e nell’amplificarsi del moto, che procede dall’angelo a Maria e non si placa nella pur assorta espressione del volto virginale, è un segno forte della recuperata pressione esistenziale.

 

La veduta di scorcio, dal fianco, da bene il senso fisico di tale concitazione emotiva, poichè le masse plastiche sono concatenate in un meccanismo stringente e iperbolico, cui difficilmente assegneremmo la funzione metafisica di comunicare un evento ineffabile, un mistero, e piuttosto parleremmo di una sorta di precipitazione del luogo metaforico classico in una constatazione

Prosastica di incomunicabilita, che significa poi prendere atto dei problemi concreti in cui si dibatte la condizione umana.

 

Mi par che tale contaminazione realistica assuma esplicita forma espressiva nella scultura Situazione di donna, ove il dettato scultoreo è particolarmente funzionale a esprimere contenuti critici che dalla tematica della condizione femminile trapassano a

quella più comprensiva della condizione umana nella societa contemporanea.

Penso che la connotazione critica sia un momento transitorio dell’itinerario di Inglesi alla riconquista della scultura e,implicitamente, della propria identita esistenziale. Rileverei come si assegni alla figura femminile un ruolo in tal senso emblematico, che corre parallelamente, quanto a significazione,

ll’altra funzione simbolica di Musa o Utopia artistica, di luogo della compiutezza e dell’integrità ideale.

 

Inglesi radicalizza in termini di opposizione- integrazione binaria di maschile femminile tutte le possibili contrapposizioni dialettiche, e non si tratta di una

semplificazione ma di una sintesi dettata dalla necessità di recuperare il lungo intervallo di assenza, di istituire le tappe fondative del nuovo itinerario.

 

Non èn un caso che egli abbia in pratica ridotto il proprio lavoro, salvo una eccezione, esclusivamente alle opere di grande impianto qui documentate. L’ultima delle quali, dal titolo invitante Dopo Ie neve, riassume le premesse e gli impegni precedenti, risolvendone le inibizioni e le intemperanze e proiettandosi in una percorribile dimensione della scultura che corrisponde

ad un progetto di vita.

 

Intendo dire, insomma, che si sono qui placate le urgenze, sedimentate le pulsioni che rendevano spigolose le partiture precedenti. Inglesi si è riappropriato di una capacità fabulatoria dell’immagine che è piena di echi e risonanze, di suggestioni, di

promesse. E’ vero: una porta è sempre frapposta tra le due anime dell’identità

umana, ma tutto lascia immaginare che si compirà il miracolo della comunicazione, e

che intanto si stiano celebrando i preliminari liturgici dell’evento. Il metallo e il legno, giocati con perfetto controllo delle quantità e delle qualità, simboleggiano con chiarezza esemplare la duplicità implicata in questa situazione, che è anche un dato della realtà quotidiana, e parallelamente, della dimensione immaginativa 0 poetica in cui si trasfigura l’immanenza fenomenica. Il gusto e la scioltezza dell’esecuzione,

attenta al dettaglio non meno che alla risoluzione plastica delle grandi masse, ma senza cadere in alcun eccesso, non sottraggono I’attenzione all'accadimento nel suo insieme, e pure sono notabili e anzi godibili in certi particolari dei volti, nelle invenzioni formali che assumono funzione linguistica di insinuazione, come lo straordinario suggerimento dei capelli che anticipano il passaggio dal ridotto dello spazio ancillare al luogo ove attende immobile la figura maschile. Si noterà come sia ora la donna, sciolta e fremente di sensi, ad avanzare 0 tendere al compimento suo naturale, ed è

questo un altro segnale significativo del cammino compiuto.

 

Dopo le nove è, inoltre, risolutiva anche nei termini della scultura d’ambientazione e di destinazione fabulatoria, cui Inglesi pare decisamente vocato. E un settore della scultura d’immagine che ha in Italia una sua qualificatissima rappresentanza sconfinando talora nella visione applicativa scenografica, come nel caso di Ceroli. Ricorderei Cavaliere, un certo Vangi, Agostino Pisani, alcune cose recenti e in legno di Enzo Sciavolino e,naturalmente, Plinio Tammaro, che della scultura come concate-

nazione di eventi in uno spazio non astratto O ipotetico, ma concretamente segnato e

qualificato come ambiente, è senza dubbio uno dei più rappresentativi esempi. E se lo

cito per ultimo, il maestro senese, è perché a lui si riconduce la scaturigine della

scultura di Inglesi, già suo allievo, oggi perfettamente padrone del linguaggio e di

una autonoma personalità.

 

Non è cosa da poco trovare un giovane scultore, cui sono mancati anni determi-

nanti in condizioni di assoluta negazione persino della speranza di vita, che sia così

sicuro in una scelta di campo espressivo ed operativo che non concede niente al com-

piacimento e alle fragili formule mondane.

Per Inglesi è un impegno morale, oltre che Un’acquisizione formativa, l'applicazione a

un ideale scultoreo che guarda con intendimenti moderni alla grande tradizione anti-

ca, segnatamente della civilissima Siena che oggi festeggia il suo ritorno alla vita nella

scultura, aprendogli il catino della piazza in cui meglio si identifica lo spirito della

città, ed è di fatto un grembo dischiuso e fertile, una conchiglia da dove nascerà la

Musa ritrovata.

 Nicola Micieli

 

 

 

PANTHEON FEMMINILE

Pantheon femminile

Inglesi ha il suo studio, nei pressi della città murata di Siena, una sorta di hangar che, anonimo all'esterno, all'interno si presenta come un pezzo perduto del Bateam - Lavoir dove lavorano Picasso, Brancusi e gli altri grandi della favolosa stagione parigina. 

E una fucina da moderno Vulcano, dove Alberto Inglesi sprigiona il suo notturno furore creativo, duro, tenace, accanito, con il quale si affatica con ostinata, perspicace energia a dar forma alle sue idee, a dar vita ai suoi fantasmi. La materia della sua arte, marmo, travertino, ferro, acciaio, legno, plastica, non si fa mai domare facilmente e anzi a volte pare opporglisi con una forza oscura, in uno scontro violento e pericoloso. Inglesi porta addosso i segni di questi quotidiani combattimenti tra la materia oscura e l'illuminazione dell'arte. I frequenti testimoni che arrivano da lui nottetempo per un saluto, da vari e insospettabili cammini della vita, si fanno largo in un ambiente affollato di detriti delle sue opere passate, di oggetti di passaggio, di architetture dirute o incompiute che aspettano di significare qualcosa di definitivo. Escono rumori strazianti, martellamenti furiosi, sibili sinistri, e poi clangori, scoppi, cascate di scintille, lampi fulmini. Da questa febbrile fucina, nell'ultimo decennio sono emerse forme altamente simboliche - ad esempio il tormentato Palio per la carriera del 16 agosto 1995, o la grande tribuna papale lignea, ove sedette in Piazza del Campo nel 1994 Giovanni Paolo II, o ancora i Masgalani per i Palii senesi del 1990,1992,1994, 2000. Ma soprattutto è emersa una schiera di figure femminili, che tutte insieme individuano una riflessione complessa sulla donna tra storia e mitologia, tra passato e futuro. Come scriveva il critico Elvio Natali in un suo saggio, Alberto Inglesi è impegnato in un percorso artistico che è "... come un ritorno alle origini, nel grembo della cultura mediterranea" anche se i pretesti, le occasioni, i punti di partenza, possono essere le diverse attuali epifanie della donna moderna. "2000: la donna e il suo tempo” così intitola un suo recente saggio su Inglesi e la sua opera, Gilberto Madioni, un critico senese che ha seguito con attenzione l'iter creativo dello scultore e che nel suo giudizio su di lui lo vede senza mezzi termini "su quella lunga via verso l'Olimpo eterno dell'arte dove questo magnifico creatore e cantore troverà il suo posto accanto ai grandi. Questo è il destino di Inglesi, che "bussa" alle porte dell'Olimpo..." Certo è che Inglesi bussa furiosamente insieme alle sue donne scolpite in acciaio, in bronzo, in marmo, senza mezzi termini, senza concessioni accattivanti. Ognuna di esse è un dettato forte. Molti hanno detto della sua opera che affronta gli archetipi femminili (o meglio gli oicotipi occidentali, se mi si concede la distinzione da antropologo, cioè modelli forti e diffusi nell'immaginario collettivo. ma situati nella storia e nel tempo, non in una astratta eternità fine a se stessa) li visita e ce li rappresenta tutti. Si comincia da Gea (1991) la madre-terra dea della fecondità e matrice di vita che collega e sostiene la creazione, ma che ne simboleggia anche l'ambivalenza: in lei la vita e la morte sono correlate. Nascere è uscire dal ventre materno; morire sarà ritornare alla terra. La madre è protezione, calore, nutrimento, ma anche rischio di oppressione, castrazione, soffocamento. La mitologia greco-romana è affrontata da Inglesi diverse volte, ma soprattutto in due opere altamente significative: Leda e il cigno (1993) e Il ratto di Europa, ove la dea è scolpita tra il toro e un albero della vita (1991). In entrambe le opere c'è l'incontro clamoroso e trasgressivo dell'umanità femminile con la bestialità animale; la donna è l'anello di congiunzione tra regni che la razionalità e la civiltà vogliono e debbono tenere ordinatamente separati. Le nozze di Cadmo e Armonia (1998) tratta al contrario di ciò che la civiltà e la razionalità debbono e vogliono tenere indissolubilmente uniti, e che Inglesi mostra come anello debole e sempre sul punto di spezzarsi, o già rotto irrimediabilmente. La reductio ad unum mitologica, più che nella coppia sembra possibile nel pantheon di Inglesi, nell'ermafrodita (1991) quasi appeso (o impiccato?) a qualcosa che sembra un'asta, un arco gotico o una forca, in precario equilibrio. Il viaggio artistico di Inglesi giunge poi all'incontro, dopo la mitologia greco-romana, con i grandi temi femminili della religione cristiana. La Donna incontra l'angelo nell'Annunciazione, più volte eseguita come una conflagrazione che lascia i due personaggi riversi e annichiliti dalla forza e la magnitudine di ciò che avverrà: una vergine madre di Dio e "figlia di suo figlio". Santa Caterina, santa per eccellenza non solo a Siena e per i senesi, è scolpita sia in ascetica contemplazione, come nella statua prodotta per il premio “Santa Caterina d'oro" (1993) oppure in rigida, drammatica contrapposizione al suo avversario, il diavolo (1997) Caterina lontana e solenne, mistica e ascetica, rinchiusa nella “prigione del corpo",rapita nella nostalgia del paradiso, piena di enorme energia, ma racchiusa dentro di sé, è forse l'unica immagine "fuori dal mondo" scolpita da Alberto Inglesi. Ben altrimenti terrene sono le sue icone femminili contemporanee. Nei loro tratti più immediatamente riconoscibili si ritrovano subito rimandi conosciuti, personaggi effimeri e famosiner un momento oggi come lo furono le dee antiche. Sono Grace Jones, ambigua e androgina voce, e l'esplosiva Sharon Stone e la Madonna dissacratrice. Con Thaiie l'Oriente (che è più africana che asiatica) formano un crogiolo di razze, di etnie, di modelli culturali (mai visti in occidente) pezzi decomposti di simulacri ormai affondati nell'inconscio postmoderno. Sono di preferenza figure singole, muscolari sicure di sé, assertive o combattive, tormentate non dal dubbio esistenziale di Gauguin (“Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?"), ma semmai dalla voglia di competere, di primeggiare, di prevalere. Il loro "largo gesto" nella serie del 1993 - 1995 è un ripetuto gesto di sfida urlato, ostentato. Perfino il loro eros è esterno: non promette dolci segreti o gioiosi abbandoni, ma piuttosto piaceri pericolosi o torbidi incontri. La più inquietante di tutti è "la bestia" che ha fatto sensazione quando è stata esposta al castello di Gruyère (2000). E un essere transgenico. una metamorfosi in atto che non sappiamo ancora cosa produrrà, nel nostro futuro come nell'opera di Inglesi. Per ora inutile chiedergli apollinee serenità, o pronunciamenti definitivi. Soprattutto perché l'artista come scrive Tammaro, un amato maestro - "è uno di quegli uomini che non si accontentano dalla superficie delle cose, di un aspetto della vita, ma vogliono andare in fondo a se stessi". E da quel fondo continua per ora ad emergere senza posa quel suo notturno popolo femminile; è come se ormai i suoi personaggi nascessero gli uni dagli altri, proponendosi all'artista in una pirandelliana commedia umana sempre più al femminile. Inglesi continua a dar forma alle sue personal, a declinare pervicacemente la sua litania sulle donne tra luce e ombra. Donna Dea, Donna Demone, Donna Ferina, Donna madre terra, Donna feconda, Donna santa, Donna artefice di metamorfosi, Donna incontro di arte e futuro, Donna eruttiva, Donna distruttiva, Donna soggetto erotico non più oggetto, Donna pudore... esplosiva non più allusiva, Donna che grida non più silenziosa, Donna preziosa, Donna contro il comune senso di pudore…...

Alessandro Falassi

HOMO FABER

Chi volesse intrattenere un disciplinato dialogo con la scultura  e la tecnica espressiva  di Alberto Inglesi dovrebbe discendere con lui , ogni mattina, nelle voragini di una sua nascosta,  interiore,  cavernosa Officina abitata da sprazzi di fuoco e rutilanti ombre e fornelli che scottano già in lontananza e danno in alte grida  di fumo  e braci ardenti.

Laggiù dimora solitario col suo pensiero ribelle e docile  purche' nessuno lo disturbi   rapidissimo nel  manipolare  gli arnesi  sottile e sapiente conoscitore d’ognj segreto del mestiere si muove  con spettacolare sicurezza  tra le fibre e le scintille della materia incandescente.  Apparecchi e lance termiche e bombole e miscele di gas  autogeno e  maschere da saldatura, sono i suoi gioielli, suoi eroici costumi da combattente  da gladiatore pacifico È laggiù in quelle profondità scoscese della terra ,nel solitario carcere che si e dato con gioia che Alberto Inglesi regna. La sua vasta opera è giù   negli anfratti del tufo di Siena e delle crete dell'Orcia  nativa delle sue genti ;   abilissimi come lui ai mestieri dei più raffinati.  Da lì nasce  quell'estro incontenibile che gorgoglia  da sempre nei suoi manufatti  nelle sue sculture monumentali e avvampanti. Dal  suo ceppo  prende la linfa ed il vaporoso frutto , non è la sua una formazione di rutilanti chiacchere accademiche o di raccomandazioni risolutive.  Rammento invece il suo  babbo operoso ed  esperto ebanista,restauratore. Ad  Alberto  che è stato il primo Maestro di lui,   creatura . Infatti è cresciuto nel suo animo  prima il mestiere delle mani.Queste tardavano a corrergli dietro  che  quello era già in vetta ad un pensiero . Da  quegli antri spaziosi  e spesso  angusti ora viene trascinando alla luce del giorno queste sue persistenti visioni: le sue sculture  le sue avvolgenti anatomie di un mondo che lo sovrasta . Pare una figura stilizzata in controluce che rimodella all’infinito un elmo per un eroe, una corazza per un lottatore uno scudo istoriato per  Achille, invece è un'astrazione del suo pensiero plastico.  Ora la sua opera  si erge fieramente in questo mare di realtà virtuali e sciape.  Un  fabbricatore dell'antica Grecia e al contempo  un novello vulcano. Eccolo trasfigurato artefice di un  sogno che lo turba e lo appassiona più d ogni altra cosa nella sua intensissima  vita.

Gioca a superarsi ed a inventare nuove sfide di forme che sembrano calcate dal vero nella creta, e nella cera d'api, obbediente, ed invece sono la straordinaria capacità di sagomare il metallo e di farlo incastonate  nelle cavità  negli impervi sentieri del  suo dettato di scultore . Quel suo occhio fulminante  aggrega le forme ed i volumi tra  loro   prima che il  lampo  della saldatrice, di cui è Maestro assoluto, lo fissi per sempre in una sua segreta e vitale armonia . È la regia della mente che raduna forme lontane e le accconcia al verso giusto e le  riconduce al senso di un intima realtà , grazie ad un impareggiabile tenacia e facilità con cui traccia ,con rigore estremo e con brillante sicurezza, disegni col fuoco. A quel suo risentito e vigoroso plasticismo corrisponde una sofferenza patita e ad una brama di vivere che gli brucia in petto che forse non è tanto facile condividere con altri . Alberto Inglesi la  racconta così  la vita nel suo gorgo di grandezza ideale e di miserie  in una stagione drammatica che da sempre  attraversa la storia. Gli artisti la sentono arrivare prima del telegiornale la bufera e la primavera ,hanno sensori  e più veritieri, diversi  dalle apparecchiature del mondo tecnologico, perciò non vengono quasi mai consultati ,se non a cose fatte per  celebrarne la morte . Anche questo inveterato e sciagurato abuso deve portarsi  via con sé il fiero morbo del terzo millennio.È di questo che parla  la sua trama espressiva   il suo accamparsi in un lacerto di  memorie . Non per stupire con prodigi tecnici  ma per una forza  interiore che la se'.  Questo é il mistero del fare con Arte.  Inventare ogni mattina una luce nova come fa il Padreterno senza smentire mai la Sua inesausta gioia di viverci accanto come nascosto ed umile Pellegrino . Ogni richiamo ed  allusione ad una fantastica  anatomia che generano le ombre e le luci   è anche questa una divina grazia di cui ogni vero artista deve tener conto Si cerchi dunque in noi questa Luce nova e santificante che genera allegria nel profondo del cuore . È un suggerire per ellissi per parabole che l' Arte fa , inascoltata quando è tradotta come oggi a grève  ed oscillante valore di mercato. Dunque  discendiamo in questa catafratta regione dellanima e lasciamoci accompagnare tra le figure che Inglesi ora  dissemina sul campo.  La sua scultura si  organizza e si espande per aggregazioni spontanee in un concrese di singole forme conchiuse che pigliano altre volumetrie e significati. Ad ogni opera e  conferito un medesimo significato pur nelle sembianze diverse per via di quella sua interna visione unitiva Ora i piani e le linee obbediscono  fedeli al dettato del vero , ora si scardinano dal senso logico e volano per altre mete ,talvolta con toni di  esacerbato realismo. C'e insomma una violenta passione che anima le superfici e le strutture e le forza ad esprimere vita e verità. Ora si addensano brani salubre concitazione, ora sgorgano ritmi più severi che planano in astratte sequenze in fughe lineari che  stringono  quei corpi,quelle giovanili carni in un tumulto crescente di ardite vigorie. Opere che sono l’emblema stesso della sua figura di uomo baldante,  energico per natura e per disciplina di vita.

Lo sorregge  infatti una muscolatura ed unna volontà da atleta ricavata dai  vasi greci , agile come un trapezzista al volteggio aereo che agguanta d’un fiato la forma e la rilancia nel vuoto,  come una sfida a se stesso.Poi riparte per altre idee,  per altre sbrogliate  evoluzioni  plastiche di cui gode come un ragazzo che spericolato, in montagna, s'avventa da  una ripida ,insidiosa roccia ad un"altra .

Quando la scultura che gli cresce in mano  infine  scintilla di quel suo medesimo albore   magnetico   allora si toglie con calma la maschera del saldatore che lo ha protetto dalle folgori accecanti e dopo un giornata di lotte,come un novello e misconosciuto, pacifico, gladiatore riemerge alla vita degli altri. Ripiglia il suo aspetto da monello indagatore sottile che non si contenta mai del primo sguardo   ma vuole fermare,in quel suo cristiano empito di vita, la forma della Bellezza che pur lo avvince nel cuore.

Guardingo cioè attento a osservare quel che veramente gli serve è  sempre, sempre operoso con la mente   ma ora è ancor più pronto ad abbandonare gli ormeggi per salpare verso altre terre, non di conquista   ma di soave elezione. Alberto Inglesi può lasciare tutto il suo sapere artistico di qui e di ora  e andarsene in qualche parte di mondo incontaminata, come fece Gauguin,   mondo che lo chiama e lo affascina   perche'  lo ha in cuor suo .,chiaro e netto , ebbene nascosto . Chissà però se nella terra degli uomini distruttori quel paradiso  incontaminato esiste ancora.

 Eppure quella scintilla segreta che anima l' opera  di  Alberto Inglesi , Homo Faber,  lo  incatena al suo destino . Quell'uomo vigoroso fin dalla prima gioventù, baldante, indomito  lavoratore , mai persuaso dalla fatica,  generoso inventore di modalità tecniche particolari e di sorprendente inventiva formale e tecnica   può essere già sazio di tutto ciò che lo circonda. Ora è qui tra noi a modellare   quel suo  mondo delle origini.   Forse non può  gettare ancora  del tutto quel suo  zampillante amore per la nostra terra e le nostre tradizioni  .Chissà se  nel suo interno crogiolo, nei suoi cedevoli metalli

c' è già un una nuova materia d' avventura,  cangiante  tutta da  da scoprire che lo esalta e lo attrae.

Sara' per via delle sue  pirotecniche saldature di forme in perenne movimento, di  cui è Maestro abilissimo e insuperabile, che ora anela ad altri viaggi,  ad altre  costruzioni di  opere a tutto tondo  o a basso rilievo?  Forse già  progetta  di fare sculture nuovissime in un paese sconosciuto ,  in una regione povera dove, con qualsiasi materia che gli capiti tra le mani  possa  reinventare come un bambino  monumenti agili come festanti aquiloni.

Laggiù nel sole dove nemmeno i più  arditi esploratori hanno  mai azzardato  quell incantevole   pensiero .

Chissà quando il Capitano tirerà a bordo l'ancora per

quel porto  di sogno .

 

13.4.2020  Massimo Lippi

Chi volesse intrattenere un disciplinato dialogo con la scultura  e la tecnica espressiva  di Alberto Inglesi dovrebbe discendere con lui , ogni mattina, nelle voragini di una sua nascosta,  interiore,  cavernosa Officina abitata da sprazzi di fuoco e rutilanti ombre e fornelli che scottano già in lontananza e danno in alte grida  di fumo  e braci ardenti.

Laggiù dimora solitario col suo pensiero ribelle e docile  purche' nessuno lo disturbi   rapidissimo nel  manipolare  gli arnesi  sottile e sapiente conoscitore d’ognj segreto del mestiere si muove  con spettacolare sicurezza  tra le fibre e le scintille della materia incandescente.  Apparecchi e lance termiche e bombole e miscele di gas  autogeno e  maschere da saldatura, sono i suoi gioielli, suoi eroici costumi da combattente  da gladiatore pacifico È laggiù in quelle profondità scoscese della terra ,nel solitario carcere che si e dato con gioia che Alberto Inglesi regna. La sua vasta opera è giù   negli anfratti del tufo di Siena e delle crete dell'Orcia  nativa delle sue genti ;   abilissimi come lui ai mestieri dei più raffinati.  Da lì nasce  quell'estro incontenibile che gorgoglia  da sempre nei suoi manufatti  nelle sue sculture monumentali e avvampanti. Dal  suo ceppo  prende la linfa ed il vaporoso frutto , non è la sua una formazione di rutilanti chiacchere accademiche o di raccomandazioni risolutive.  Rammento invece il suo  babbo operoso ed  esperto ebanista,restauratore. Ad  Alberto  che è stato il primo Maestro di lui,   creatura . Infatti è cresciuto nel suo animo  prima il mestiere delle mani.Queste tardavano a corrergli dietro  che  quello era già in vetta ad un pensiero . Da  quegli antri spaziosi  e spesso  angusti ora viene trascinando alla luce del giorno queste sue persistenti visioni: le sue sculture  le sue avvolgenti anatomie di un mondo che lo sovrasta . Pare una figura stilizzata in controluce che rimodella all’infinito un elmo per un eroe, una corazza per un lottatore uno scudo istoriato per  Achille, invece è un'astrazione del suo pensiero plastico.  Ora la sua opera  si erge fieramente in questo mare di realtà virtuali e sciape.  Un  fabbricatore dell'antica Grecia e al contempo  un novello vulcano. Eccolo trasfigurato artefice di un  sogno che lo turba e lo appassiona più d ogni altra cosa nella sua intensissima  vita.

Gioca a superarsi ed a inventare nuove sfide di forme che sembrano calcate dal vero nella creta, e nella cera d'api, obbediente, ed invece sono la straordinaria capacità di sagomare il metallo e di farlo incastonate  nelle cavità  negli impervi sentieri del  suo dettato di scultore . Quel suo occhio fulminante  aggrega le forme ed i volumi tra  loro   prima che il  lampo  della saldatrice, di cui è Maestro assoluto, lo fissi per sempre in una sua segreta e vitale armonia . È la regia della mente che raduna forme lontane e le accconcia al verso giusto e le  riconduce al senso di un intima realtà , grazie ad un impareggiabile tenacia e facilità con cui traccia ,con rigore estremo e con brillante sicurezza, disegni col fuoco. A quel suo risentito e vigoroso plasticismo corrisponde una sofferenza patita e ad una brama di vivere che gli brucia in petto che forse non è tanto facile condividere con altri . Alberto Inglesi la  racconta così  la vita nel suo gorgo di grandezza ideale e di miserie  in una stagione drammatica che da sempre  attraversa la storia. Gli artisti la sentono arrivare prima del telegiornale la bufera e la primavera ,hanno sensori  e più veritieri, diversi  dalle apparecchiature del mondo tecnologico, perciò non vengono quasi mai consultati ,se non a cose fatte per  celebrarne la morte . Anche questo inveterato e sciagurato abuso deve portarsi  via con sé il fiero morbo del terzo millennio.È di questo che parla  la sua trama espressiva   il suo accamparsi in un lacerto di  memorie . Non per stupire con prodigi tecnici  ma per una forza  interiore che la se'.  Questo é il mistero del fare con Arte.  Inventare ogni mattina una luce nova come fa il Padreterno senza smentire mai la Sua inesausta gioia di viverci accanto come nascosto ed umile Pellegrino . Ogni richiamo ed  allusione ad una fantastica  anatomia che generano le ombre e le luci   è anche questa una divina grazia di cui ogni vero artista deve tener conto Si cerchi dunque in noi questa Luce nova e santificante che genera allegria nel profondo del cuore . È un suggerire per ellissi per parabole che l' Arte fa , inascoltata quando è tradotta come oggi a grève  ed oscillante valore di mercato. Dunque  discendiamo in questa catafratta regione dellanima e lasciamoci accompagnare tra le figure che Inglesi ora  dissemina sul campo.  La sua scultura si  organizza e si espande per aggregazioni spontanee in un concrese di singole forme conchiuse che pigliano altre volumetrie e significati. Ad ogni opera e  conferito un medesimo significato pur nelle sembianze diverse per via di quella sua interna visione unitiva Ora i piani e le linee obbediscono  fedeli al dettato del vero , ora si scardinano dal senso logico e volano per altre mete ,talvolta con toni di  esacerbato realismo. C'e insomma una violenta passione che anima le superfici e le strutture e le forza ad esprimere vita e verità. Ora si addensano brani salubre concitazione, ora sgorgano ritmi più severi che planano in astratte sequenze in fughe lineari che  stringono  quei corpi,quelle giovanili carni in un tumulto crescente di ardite vigorie. Opere che sono l’emblema stesso della sua figura di uomo baldante,  energico per natura e per disciplina di vita.

Lo sorregge  infatti una muscolatura ed unna volontà da atleta ricavata dai  vasi greci , agile come un trapezzista al volteggio aereo che agguanta d’un fiato la forma e la rilancia nel vuoto,  come una sfida a se stesso.Poi riparte per altre idee,  per altre sbrogliate  evoluzioni  plastiche di cui gode come un ragazzo che spericolato, in montagna, s'avventa da  una ripida ,insidiosa roccia ad un"altra .

Quando la scultura che gli cresce in mano  infine  scintilla di quel suo medesimo albore   magnetico   allora si toglie con calma la maschera del saldatore che lo ha protetto dalle folgori accecanti e dopo un giornata di lotte,come un novello e misconosciuto, pacifico, gladiatore riemerge alla vita degli altri. Ripiglia il suo aspetto da monello indagatore sottile che non si contenta mai del primo sguardo   ma vuole fermare,in quel suo cristiano empito di vita, la forma della Bellezza che pur lo avvince nel cuore.

Guardingo cioè attento a osservare quel che veramente gli serve è  sempre, sempre operoso con la mente   ma ora è ancor più pronto ad abbandonare gli ormeggi per salpare verso altre terre, non di conquista   ma di soave elezione. Alberto Inglesi può lasciare tutto il suo sapere artistico di qui e di ora  e andarsene in qualche parte di mondo incontaminata, come fece Gauguin,   mondo che lo chiama e lo affascina   perche'  lo ha in cuor suo .,chiaro e netto , ebbene nascosto . Chissà però se nella terra degli uomini distruttori quel paradiso  incontaminato esiste ancora.

 Eppure quella scintilla segreta che anima l' opera  di  Alberto Inglesi , Homo Faber,  lo  incatena al suo destino . Quell'uomo vigoroso fin dalla prima gioventù, baldante, indomito  lavoratore , mai persuaso dalla fatica,  generoso inventore di modalità tecniche particolari e di sorprendente inventiva formale e tecnica   può essere già sazio di tutto ciò che lo circonda. Ora è qui tra noi a modellare   quel suo  mondo delle origini.   Forse non può  gettare ancora  del tutto quel suo  zampillante amore per la nostra terra e le nostre tradizioni  .Chissà se  nel suo interno crogiolo, nei suoi cedevoli metalli

c' è già un una nuova materia d' avventura,  cangiante  tutta da  da scoprire che lo esalta e lo attrae.

Sara' per via delle sue  pirotecniche saldature di forme in perenne movimento, di  cui è Maestro abilissimo e insuperabile, che ora anela ad altri viaggi,  ad altre  costruzioni di  opere a tutto tondo  o a basso rilievo?  Forse già  progetta  di fare sculture nuovissime in un paese sconosciuto ,  in una regione povera dove, con qualsiasi materia che gli capiti tra le mani  possa  reinventare come un bambino  monumenti agili come festanti aquiloni.

Laggiù nel sole dove nemmeno i più  arditi esploratori hanno  mai azzardato  quell incantevole   pensiero .

Chissà quando il Capitano tirerà a bordo l'ancora per

quel porto  di sogno .

 

13.4.2020  Massimo Lippi

 

 

DONNA IN CAMMINO

 

vivere la dimensione luce-forma, e il suo dialettico opposto, vuoto-scuro è l’insegnamento della scultura. Lo scultore demiurgo, Alberto Inglesi è uno dei rari esempi; è scultore che domina la materia, scultore demiurgo nel nome del precetto appena richiamato. Nel coraggio ogni giorno ingaggia la sfida della creazione. Non la teme, fa parte della sua esigenza di esprimersi, e più è difficile più lo esalta. Il Segno, il simbolo, il gesto, il rapporto scenico tra personaggio e ambientazione. Policromaticità, polimatericità, larghi piani, sensuali carnali e luminosi, talvolta in marmo, compressi, racchiusi in rigide forme, volumi, geometriche, quasi sempre più scuri e in bronzo. Ampie figure lignee o bronzee dipinte o con distinte morsure. Mai perdere di vista il coraggio della pulizia, dell’eleganza, dell’essenzialità poetica della grande scultura, come del segno largo, del gesto largo aperto che dialetticamente pone in contatto diretto energia interna delle figure e spazio architettonico esterno

Donne in cammino è ciclo d’importanti mostre itineranti e diffuse che impegna, in un canto corale, più luoghi urbani di un’intera città. La prima si è svolta recentemente a Siena dove le opere hanno abitato, vissuto, i più preziosi e frequentati, i più cari spazi cittadini e Palazzi con 52 sculture. Ora a Grosseto, e a breve Inglesi ripeterà il miracolo a Montalcino e in altri luoghi.

A Grosseto quindi, un evento significativo che pone arte e cittadino in un dialogo diretto, faccia a faccia, nella vita del quotidiano. Arte e quotidiano è un binomio che possiamo ritrovare solo nelle epoche premoderne. Nessuna TV, nessun cinema, il creato artistico diventa personaggio teatrale delle scene della nostra vita e ci parla direttamente, esprime insegnamenti e pone moniti, nessun filtro della tele-era mediale.  

Questo dunque l’artista, questa la precisa scelta espositiva.

Un artista, l’artista demiurgo ispirato dalle stesse muse che animano lo spirito olistico dello Scultore Tardo-Gotico o Rinascimentale e al tempo stesso dall’animo dell’artista maledetto, severo con se stesso e col mondo, di fine otto inizio novecento: Modigliani. Per lui non esiste distinguo tra esterno e interno, spazio urbano, fuga, scorcio architettonico e luoghi dell’anima. Solare gioia ed emozione o umbratile dispiacere e dolore. Nessuna dimensione umana è esclusa. Scolpire la Pietà equivale a realizzare succedendo a Raffaello - San Pietro o affrescare la Cappella Sistina.  Perdersi in un corpo di nudo femminile, di cariatide o tuffarsi negli occhi senza iride, addirittura cornea o  senza sfondo, del volto di una donna. Di Modigliani Osvaldo Licini in uno scritto del 1917 che lo frequentava quotidianamente a Parigi: ”… entrava in una zona meravigliosa dove tutto era poesia assoluta, estasi, delirio. Solo con i suoi fantasmi e con se stesso entrava in uno stato di grazia e di felicità …..Egli ha dimostrato con la sua opera che, concentrando tutto sull’uomo, sull’espressione dell’uomo, del sentimento umano, e facendone il centro del mondo si poteva creare una grandissima arte di portata eterna ed universale”. 

Picasso col gesso (1910) scrisse sulla porta di casa di Modigliani: “Qui è il luogo d’incontro dei poeti” . Non è un segreto che i migliori amici e sostenitori di Modigliani, perfino i suoi mercanti, furono poeti, e qualche musicista.

Sostengo da tempo che Alberto Inglesi – figlio d’arte del suo riconosciuto e amato Maestro Plinio Tammaro - è come Tammaro un modiglianista, un rappresentante del modiglianesimo.  

Ovvero un raro artista che ha colto la lezione di Modigliani. Modigliani pur conoscendo ogni linguaggio artistico dell’inizio del novecento, ovvero ogni linguaggio artistico contemporaneo, non ne ha abbracciato uno, ma ha sviluppato un linguaggio più eterno e universale – originale che nasce e si sviluppa in lui, da componenti fondamentali e paritetiche: l’amore per i classici e la natura mediterranea del suo sguardo, l’amore per la poesia che determina sospensione e metafisica riflessione, l’amore per l’africanismo e il giapponismo che infonde sguardi innovativi su l’uomo.  Tutti elementi universali ed eterni che si mescolano nel concepire un superamento dell’Accademia per forgiare con totale dedizione e inquietudine sperimentale un’arte nuova. 

La scultura di Inglesi ha gli stessi elementi, in Ermafrodita, in Mutazione,  i temi della fluidità dell’essere nella classicità come nella modernità, nella continuità ontologica, vuoi che Inglesi la sviluppi verticalmente o in movimento orizzontale o ancora in vortice ascensionale. Le sue sculture  narrano di un mondo in continuo divenire carico di segni, simboli, forme classiche come i temi, eppure straordinariamente contemporanei e innovativi, in cui la creazione artistica sviluppa linee e volumi sinestetici, e sinergici con la storia, il messaggio, il simbolo dell’opera.

Si guarda con l’udito generato dalle forme in movimento, si ascolta con il profumo dell’atmosfera disperso negli spazi che relazionano le figure, la loro narrazione e gli elementi scenico-architettonici o paesaggistici (Ritorno dai campi) alcuni anche se solo accennati sul basamento.

L’osservatore cerca, indaga, segue indizi, scova volti (Mutazione) solo accennati o si lascia attrarre dai tratti forti di volti femminili che mostrano forza e mascolinità: labbra carnose nasi possenti, come i colli a ricordare afro nei tratti e nelle masse sferiche gonfie e ricce. La scultura vive della relazione tra sé e lo spazio esterno o tra sé e gli spazi interni, che il fruitore ricompone e reinventa per le duplicità e molteplicità dei possibili percorsi interpretativi. Mai totale chiarezza ma fascinoso mistero, mai singolarità, ma totale molteplicità fatta di un linguaggio naturalistico, il gusto del mistero che è sempre stato il tratto caratteristico del Gotico e del Rinascimento. Le porzioni di figura o dei particolari sui totali che hanno il sapore della sezione aurea, dei punti di vista prospettici, dei canoni armonici architettonici ad ispirare soggetti e insiemi. Inglesi imposta le strutture scultoree secondo linee portanti, nuclei espressivi nella dicotomia dialettica tra particolare e totale, senza mai perdere di vista l’occhio del fruitore, dello spettatore di un complesso scultoreoteatrale.

All’amico Ghiglia scrive: “Cerco di formulare con la maggiore lucidità, le verità sull’arte e sulla vita che ho raccolto nelle bellezze di Roma e come me ne è balenato anche il collegamento intimo, cercherò di rivelarlo e di ricomporne la costruzione e quasi direi l’architettura metafisica, per crearne la mia verità, sulla vita, sulla bellezza e sull’arte “. 

Modigliani animò con la sua poesia e l’essenza del suo vivere teatrale, il gesto comportamentale come linguaggio di vita, con il suo gesto alimentava il suo mito e quello dei suoi amici nella Ville Lumiere. Nelle descrizioni giunte a noi si legge che Modigliani è sempre accompagnato dai libri, ne ha nel suo studio o sottobraccio o che fanno capolino dalla tasca quando gira fra gli alberi di boulevard Montparnasse o Montmartre. Ma è soprattutto nella vita notturna che il suo gesto e il suo tratto pittorico unico per rapidità e freschezza accendeva la vita degli amici nei Café e Bistrot parigini. Un salto su un tavolo per declamare un verso poetico, un abbraccio con un amico, un tratto veloce per segnare un volume sul foglio. Modigliani è scultore perché gioca con lo spazio e il gesto, lo fa nella conduzione estrema della vita , nel segno pittorico. 

Anche Inglesi conserva tutti i tratti di cui parliamo e uno fra tutti l’architettura metafisica del gesto – Largo gesto il titolo che è più presente nelle sue opere, attesa, presagio – senza privarlo della dinamica e del movimento, anzi esaltandolo come sforzo assoluto della tensione umana alla verità. Esplicitato, vuoi come braccio teso che esce dall’arco delle spalle verso lo spazio libero o verso una parete o una finestra o una porta o nella flessione delle ginocchia, una specie di raccoglimento afro in cui la persona assorbe energia dalla madre terra per poi forse esploderla nell’attimo successivo in un salto. Oppure  come una tensione implicita perché interna ad una forma, in essa trattenuta come evidente denuncia di privazione della libertà, della libertà del gesto equiparato all’espressività, alla vita. In questo caso il gesto si coglie solo come deformazione della superficie che rappresenta il confine del volume di prigionia, ed è implicito scoppio dinamico trattenuto e violato – privato dell’atto nello spazio, seme in potenza di quanto non può essere.  

Un ossimoro poetico-plastico in cui gesti forti vivono di accelerazioni forti, di grida e denunce di dignità violate. 

Lo spazio urbano, la quinta teatrale, la ripetizione di elementi uguali verticali e il ritmo musicale il tempo sono dentro la forma, custodito segreto del divenire, di cui la materia delle sculture di Inglesi, marmo, bronzo legno o loro infinite combinazioni matericocromatiche sono testimonianza vibrante. Lo scultore Giambologna o Bernini hanno assunto anche per Inglesi, nel gesto nel movimento della figura, esempio, cuore e spirito cooperante.  

Questa la lezione di Inglesi: vivere la scultura nello spazio urbano dove le vie e le piazze sono teatro delle vite umane, scene e quinte dell’esistenza. Ecco la sua verità, il valore di una nuova MOSTRA itinerante che diviene EVENTO URBANO, evento cittadino. Del resto l’uomo contemporaneo è prima di tutto cittadino delle proprie città, si identifica puntualmente e per lunghi periodi con le città stesse e il suo respirare il suo divenire.  

La città è elemento pulsante del suo stesso vivere e respirare, il suo cuore pulsa al ritmo della vita cittadina.

La produzione artistica d’Inglesi Filosofo antico alla ricerca dell’Arché, del Principio da dove tutto si genera, Inglesi indica la luce e conosce l’equivalenza einsteiniana che la luce (energia) è materia , le forme architettoniche, i movimenti i traffici, gli odori, gli amori, le tragedie, le violazioni e le discriminazioni, le luci, le penombre e le ombre nell’invito di cogliere una inscindibile correlazione, un legame fatale fra donna (uomo) e città.

Le sculture sono disposte lungo un itinerario concertato tra Assessori e funzionari del Comune e l’Artista per dare un filo logico fosse di partecipazione urbana delle sculture donne e uomini, cittadini che camminano che sono protagonisti del presente e della condizione del futuro. Gioie, terrori, paure, che si diffondono viralmente a chi le osserva e semplicemente passandoci accanto ne trasporta con sé molecole. Emozioni, grida denunce, come profumi che attirano sconvolgono e ci portiamo appresso, per vivere il gesto nella simbiosi urbana, nell’ empatia dei cuori cittadini, nella compagnia di momenti condivisi con i nostri e con gli altri. Forme accolte dal sistema fisico visivo per elaborarlo al livello cognitivo, diverse per ciascuno che le interpreta ma unite dalla sostanza umana, dal ritmo cardiaco dei quartieri, delle piazze e delle vie. 

L’itinerario distribuito nel centro della Città di Grosseto. Come a Siena le sculture di Inglesi si fondono nel panorama urbano come se ci fossero sempre state, ricordo l’Arcangelo che fu messo in piazza Duomo a Siena che con le sue ali colorate in vetro, omaggio all’ultima invenzione del Maestro Plinio Tammaro ancora in vita (periodo 2005-2007), come magicamente s’inseriva nei bianchi e marmorei archi dei grandi portali e delle guglie gotiche della facciata della Fabbrica del Duomo senese. 

Alcune sculture ci aiutano nel descrivere l’arte d’Inglesi.

Annunciazione un bronzo dalle grandi dimensioni (190x60x130 cm) un tema classico in cui femminilità, spiritualità e animismo si fondono in un soggetto che nella orizzontalità perde i simboli della trascendenza. La tecnica è funzionale al linguaggio artistico e subito apprezziamo l’innovazione totale di trattare in chiave contemporanea un materiale nobile e antichissimo come il bronzo. Non usa Inglesi la tecnica antica quanto l’uomo della fusione a cera persa, ma la composizione dell’immagine con lastre di bronzo saldate. Il trattamento finale che determina la cromaticità del soggetto torna ad essere nel solco della tradizione con la morsura degli acidi a caldo, usando miscele di acidi, tempi di acidificazione, e soprattutto calore a fiaccola. Nessuna altra tecnica può garantire la leggerezza delle masse dei capelli le geometrie del corpo e le pieghe degli abiti. Un risultato frutto di anni di tentativi, di ricerca tecnica di esperimenti consigli mutuati insieme al suo Maestro Tammaro con il quale la discussione degli aspetti tecnici e il controllo dei risultati è stato puntuale e continuativo per anni a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e i primi degli anni ’90. Anni sperimentali che si sono aggiunti alla sperimentazione degli anni ’70 sul polistirolo, e delle resine (anni ’70-’80). Lo studio di Tammaro a Siena, dopo le ore scolastiche dell’Istituto D’Arte Duccio di Boninsegna diventava luogo di incontro e vero laboratorio d’idee, progettualità confronto e crescita artistica. Alberto Inglesi era uno dei più assidui e fedeli allievi, insieme a Giuliano Vanni, Piergiorgio Balocchi, Massimo Lippi, Maurizio Masini, Rino Conforti ed altri. Un vero crogiuolo di innovazione artistica. 

Scultura come dominio della materia nella sperimentazione funzionale al linguaggio artistico è un concetto nato e sviluppato lì. Inglesi è uno dei pochi artisti al mondo a padroneggiare la tecnica della realizzazione di sculture con lastre di bronzo, totalmente alternativa alla tecnica della cera persa, per fasi, tempistiche e attrezzature.

Dunque la scultura è la protagonista, non solo tra le arti, ma anche tra i mestieri perché costruisce il mondo.

Tocchiamo un aspetto importante del lavoro d’Inglesi. Egli inizialmente si forma dal punto di vista della capacità manuale alla bottega del padre, fine ebanista, e acquisisce un totale rigore professionale nelle tecniche dell’intarsio ligneo, del restauro.  Da ragazzo prende lezioni di disegno, frequenta poi l’Istituto d’Arte dove entra in contatto con Tammaro prima docente di Ornato e Modellato e poi Preside. Come già accennato queste due componenti: tecnica e mestiere, creatività ed espressività artistiche, continuano ad oggi a vibrare nella sua opera a interagire, sorrette dalla continua ricerca che Alberto opera.

Dafne (una grande scultura polimaterica di bronzo e marmo (dimensioni 130x60x190 cm) rappresenta il desiderio di affrontare temi classici, il cui fascino come in questo caso delle metamorfosi è totale e assoluto. Si ricordi quanto detto per Ermafrodita, Mutazione.  L’arte da sempre si interessa alle situazioni di passaggio che ci pongono al limen tra diverse situazioni, perché l’arte stessa è contaminazione tra elementi, identità e cose diverse. L’amore per i classici, nella produzione artistica di Inglesi, si contamina con la consapevolezza di dover fare comunque Avanguardia alla continua ricerca della propria arte, nello spirito dell’innovazione culturale. In Dafne è forte un’altra componente dello stile artistico di Inglesi: il desiderio cromatico che diviene esigenza polimaterica. È raro che uno scultore abbia un forte senso cromatico, e anche questo insegnamento artistico è mutuato dalla stessa componente che vive nella scultura di Plinio Tammaro, quella vena artistica che ha origine già nella scultura senese del rinascimento, si pensi alle madonne lignee dipinte di Jacopo della Quercia. La scuola artistica di Tammaro ha sviluppato una identità artistica uno stile che è modello culturale, mai “maniera” attraverso il quale Inglesi lavora ed opera. 

Lo studio di Plinio Tammaro era, come detto un laboratorio d’arte e d’amicizie, in cui Alberto ha stretto legami di relazioni artistiche e umane in un gruppo di allievi, più o meno coetanei, che facevano dell’arte la principale motivazione di vita, con passione, rigore, dedizione. La vita coincide con la scultura, Carrara e Massa per il marmo, la totalizzante pulsione e tensione, forza che vive degli ardori di Michelangelo, di Bernini, di Modigliani. Pistoia e San Polo (FI) per la fonderia e la sperimentazione, dove Inglesi  trova i linguaggi del Giambologna, del Canova e alterna la fusione a cera persa con l’innovazione delle lastre di bronzo e la loro saldatura, fino a renderla tecnica da poter realizzare da solo nello studio. 

L’artista è maledetto, puro e assoluto, spesso scomodo. Sincero, non deve mitigare la forza del suo coraggio, per il quale è pronto a morire, la forza del suo messaggio. Mediarlo con l’odiata astuzia della diplomazia significa il tradimento, tradire se stesso e la purezza che l’artista gelosamente custodisce, perché luce guida nel suo operare.  Accusa e rivendicazione devono arrivare forti e totali per come sono vissute, percepite e trasmesse. 

Situazione di donna,  una figura di donna in bronzo al vero (190x120x180 cm) che esprime il momento tutto e solo femminile del dono, del dono all’amore e poi alla fecondità materna; Largo Gesto una scultura polimaterica acciaio, bronzo e marmo dipinto in cui il gesto di totale apertura si contrappone ad una forza totale di chiusura, anch’essa gesto di chiara opposizione al primo e insieme a questo rappresentazione plastica della contraddittorietà, della dialettica continua che rappresentano, due in una, queste spinte nella vita di una donna e quindi di ogni essere umano (la donna è totalità di genere e di natura come in Modigliani). Darsi o chiudersi? Dolcezza o durezza, aggressività e remissività?  

A chiudere questo trittico Attesa  (150x150x 200 cm) altra importante opera polimaterica e policromatica in marmo, bronzo e acciaio che è costituita sì da tre identità ma coglie nella sua completezza comportamentale una terza ed ultima fase dell’esistenza, l’attesa appunto.  Ecco che prese insieme rivelano la teatralità una con la sedia – oggetto scenico per eccellenza - la seconda una panca e la terza con una parete con finestra che realizza una vera quinta di scena. In questo contesto l’artista ha identità e ruolo gramsciano, di rappresentazione come insegnamento. E’ guida spirituale, sociale, risveglio di coscienza e ahimé d’inquietudini pasoliniane, fortiniane, sintesi simboliche ungarettiane.  

Troviamo poi nel nostro cammino  Annunciazione 80x55x65cm un bronzo che una volta ancora fonde il quotidiano con un momento mitico e magico, quello della co-

municazione di una notizia di una nuova vita, o di una nuova fase della vita  L’artista vive d’impegno sociale e di sensibilità libera e indipendente. Libertà e indipendenza da tutti, e da tutto, lo eleggono a custode di purezza della vera umanità, a soggetto adatto e capace di anteporre a tutto il puro interesse comune per la cultura e per il benessere sociale, per l’affermazione dell’uomo e della donna. Solo così riesce a cogliere le energie del mondo, quelle energie che vagano nell’aria per comunicarci le notizie di quanto sarà.

 

Dietro alla scultura sempre il pensiero che l’innerva, l’anima, la muove al di là del linguaggio estetico  e la rende messaggio universale, arriva al nucleo emozionale dell’uomo. Questo modello culturale, in cui Alberto si è formato, è oggi lo stesso, coerente con sé e il mondo,  si trasforma in modalità realizzativa plastica di una Nuova Figurazione, capace a tratti di diventare Informale, che si origina dall’ampia corrente italiana del dopoguerra della Figurazione dell’Avanguardia del Dopoguerra. 

Il senso della figura, ma la necessità dello spazio in cui il soggetto scultoreo si colloca, abita, vive e si relaziona. 

Quest’innovativa figura tutt’uno con un più ampio spazio relazionale prossemico, è resa più chiara se pensiamo agli spazi teatrali, le espressività culturali che uniscono, in un fil rouge di concezioni, luci e toni,  i tragici greci, Pirandello, De Filippo, Strindberg, Beckett. Lo spirito creativo di Alberto Inglesi non è mai limitato alla sola attenzione locale, il suo respiro e il suo sguardo sono internazionali: Modigliani, Brancusi, Moore, Lipchitz, Ipoustéguy, pur con animo attento alla senesità che costituisce la matrice artistica della sua scultura.

Inglesi ci offre, ancora una volta a Grosseto, l’opportunità di essere cittadini della città ideale dove ci si confronta con protagonisti scenici delle nostre esistenze. 

I protagonisti delle nostre più intime pulsioni e sensazioni che segnano il nostro divenire storico-sociale. 

Donne in cammino sono il progredire della nostra condizione dall’ottica femminile, quella di una componente forse più debole ma senza dubbio più interessante. La Donna ci lega e divide in socialità o in una intimità del tutto rivelatorie di noi stessi.

Lo fa con l’arte dello scultore demiurgo, con lo spirito di Modigliani che vede nella Donna il tutto e con lo spirito olistico che ingloba la poesia delle emozioni con il gusto dello spazio, del luogo urbano. 

Non sarà mai troppo il ringraziamento che a lui è dovuto, per il suo coraggio di mettere a nudo quanto siamo, quanto non siamo e i nostri disagi, le nostre paure, per darci modo di riflettere.

Prendiamo coscienza perché, di fronte a noi, l’opera d’Inglesi ci spinge a godere di un linguaggio artistico che evoca nelle tematiche e nelle nobiltà dei gesti il classico ma conduce forma e luci verso un linguaggio innovativo. 

Nella sua globalità  una Nuova Figura, ma nei particolari capace di spingersi all’Informale, con lo spirito della Innovazione Culturale. 

Inglesi ci porta al senso primo della vita, alla sua Arché, al perché ontologico, senza nascondersi dietro a maschere di apparenza.

Il suo è un richiamarci alla profondità dei valori primi, privi di demagogia. 

 

 DAVID TAMMARO